L’antico insediamento di
Mozia nacque come emporio fenicio nell’VIII secolo a.C., ove i mercanti trovarono condizioni assai simili a quelle di Tiro: isoletta all’interno di una laguna molto vicina alla terraferma, capace di consentire scambi commerciali con le popolazioni del luogo e di garantire una buona sicurezza.
Sull’origine e significato del nome
Mozia sono state avanzate diverse ipotesi. La prima si rifaceva alla derivazione dal fenico
MTW o
HMTW, che significa luogo dove si tesse; l’altra invece, già avanzata dall’inglese
Whitaker, collegava il toponimo
MOT, cioè melma, all’accadico metu, vale a dire acque stagnanti. Da metu poi sarebbe derivato il greco Motye e quindi l’italiano Mozia.

L’arrivo in
Sicilia nell’VIII secolo di popolazioni greche in fuga dalla povertà e dalle guerre civili e la loro espansione verso occidente mutarono la vita degli abitanti di
Mozia, fino ad allora pacifica e in stretto accordo con le popolazioni del luogo, gli
Elimi. L’influenza di Cartagine, anch’essa fondata dai
fenici, comparve concretamente nel VI secolo a.C. con l’edificazione di una vera e propria città con mura che correvano lungo tutto il perimetro insulare. Questa opera difensiva era lunga 2,5 km e dotata di quattro porte in direzione dei punti cardinali. Gli accessi erano fortificati con due torri avanzate. Studi condotti dall’
Università La Sapienza di Roma hanno permesso di individuare quattro fasi costruttive delle mura che di volta in volta hanno comportato un ispessimento della cortina difensiva e un aumento di torri quadrate. La prima fase ricorda le tecniche costruttive adottate in Siria e Palestina nel I millennio a.C., con un muro spesso poco più di un metro, mentre l’ultima denota una costruzione in risposta all’evoluzione delle tecniche di assedio del V-IV secolo a.C., col muro che raggiunse uno spessore di 5 metri.
In poco tempo,
Mozia divenne una delle basi commerciali più importanti del mondo antico.
Diodoro Siculo ci informa che Mozia era ormai un potente porto militare e commerciale dei cartaginesi quando, nel 397 a.C., fu investita dall'offensiva di Dionisio I di Siracusa che la conquistò e la distrusse. Prima dell’arrivo dei siracusani, i punici di Mozia avevano rimosso la strada che li collegava alla terraferma. L’abile tiranno di Siracusa fece però interrare parte del braccio di mare dello Stagnone per poter assaltare le mura con le macchine da guerra. Dopo giorni di assedio,
Mozia fu saccheggiata e depredata di grandissime ricchezze.
Ed anche se l’anno successivo il capo della flotta militare cartaginese Imilcone ricacciò i siracusani posti a presidiare l’isola, la decadenza di
Mozia era ormai iniziata già all’indomani della sua distruzione, quando parte dei sopravvissuti si erano rifugiati sul vicino promontorio di
Lilibeo (Marsala).
Mozia non fu più ricostruita, e per questo costituisce una rara testimonianza di insediamento di tipo fenicio-punico pervenutoci quasi integro, senza successive sovrapposizioni.
La prima identificazione dell'isola con l'antica
Mozia risale al viaggiatore e studioso olandese
Filippo Cluverio nel XVII secolo, anche se notizie dei resti archeologici sull'isola si hanno nei testi di diversi eruditi del Settecento; nel 1883
Innocenzo Coglitore identificò definitivamente il sito con l'antica
Mozia.
Agli inizi del Novecento l'intera isola fu acquistata da
Joseph Whitaker, archeologo ed erede di una famiglia inglese che si era trasferita in Sicilia arricchendosi con la produzione del marsala. Fu lui a promuovere i primi veri e propri scavi archeologici che iniziarono nel 1906.