
Visitare
Mozia, la magnifica perla al centro della
Riserva Naturale dello Stagnone di Marsala e proprio di fronte alle
saline, significa immergersi silenziosamente in un tempo antico, dove si respira e si tocca la storia delle nostre origini. Dopo la sua completa distruzione ad opera del
tiranno di Siracusa Dionisio IV nel 397 a.C., proprio nel momento del suo massimo splendore, i superstiti cartaginesi e fenici si rifugiarono sul promontorio di
Lilibeo fondando
Marsala e abbandonando l’idea di ricostruire la città-isola. Proprio per questo
Mozia è giunta a noi quasi intatta, pressoché ferma a quel 397 a.C., e ci ha regalato e continua a regalarci un patrimonio archeologico di immenso valore, sebbene solo in parte tornato sinora alla luce.
Per giungere sull’isola è necessario compiere una brevissima traversata partendo da uno dei due imbarcaderi posti proprio di fronte ad essa.

Appena sbarcati, un viale immerso nella tipica vegetazione conduce al museo, da dove parte il nostro itinerario. La vecchia casa di campagna di
Whitaker, da lui stesso poi trasformata in museo, è la sede naturale della famosissima statua dell’
Auriga che, in occasione delle
olimpiadi di Londra 2012, è stata esposta al
British Museum nella prestigiosa sala del
Partenone.
Uscendo da museo, inizia la nostra camminata che si snoda lungo il perimetro di
Mozia procedendo in senso orario.
A poche decine di metri dal museo incontriamo la casa dei mosaici, edificio risalente al VI sec. a.C., chiamata dal
Whitaker “
casa dei capitelli” per la grande quantità di questi elementi architettonici rinvenuta.
Seguendo il sentiero che costeggia il
mare da una parte e le mura dall’altra, si giunge alla casermetta, addossata all’esterno di una grande torre della cinta muraria.
Proseguendo, poco più avanti, incontriamo la
porta sud, uno dei 4 accessi alla città, e il
Cothon, con il grande bacino artificiale e l’area sacra attigua, ancora oggetto di scavi e approfonditi studi.
Dal
Cothon, seguendo il sentiero che costeggia il mare o tagliando attraverso l’interno, si giunge alla fortezza occidentale, posizionata sul lato occidentale della porta ovest.
Poco più avanti troviamo il
Tofet, il tipico
santuario fenicio-punico a cielo aperto, e ancora più avanti la necropoli della fase arcaica, le cui sepolture risalgono al periodo compreso tra la fine dell’VIII sec. e il VII sec. a.C. e sono caratterizzate da tre tipi di cinerari.
Lasciando la
necropoli e proseguendo, è l’imponente
Porta Nord ad attirare la nostra attenzione, il principale ingresso alla città dotato di due possenti bastioni avanzati. Da essa parte la strada sommersa che conduceva alla
necropoli di Birgi.
Dalla
Porta Nord, seguendo la strada che conduce verso l’interno della città-isola, si giunge all’area

sacra del
santuario di Cappiddazzu e, nelle immediate vicinanze, nelle aree industriali, destinate alla lavorazione della ceramica e alla concia e colorazione di pelli e tessuti, in uso già dal VII sec. a.C. In una di queste, quella a nord del
santuario di Cappiddazzu, è stato ritrovato il
giovane auriga di Mozia.
Tornando alla Porta Nord e riprendendo il periplo dell’isola, incontriamo lunghi tratti delle antiche mura della città fino alla grande Torre Orientale (foto a destra), perfettamente recuperata, dotata di una scala esterna che conduceva direttamente sullo Stagnone.
Proseguendo sul sentiero lungo il mare, si giunge così all'imbarcadero di Mozia, da dove è iniziato il nostro percorso e nei pressi del quale è stata individuata la porta Est dell’antica città, ancora del tutto da indagare.